Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
     
 

 

 

Torte dell'Alto Adige - Di grano sareceno - Di carote - Linzer

Le torte salate
Parlare di cottura al forno nel modo germanico non è cosa facile. Il forno non era molto usato oltre le Alpi o, per meglio dire, era una cosa da ricchi. Solo nei castelli al di fuori dell’abitato si potevano costruire forni a volta per il pane, mente nelle città vi erano pochi grandi forni, strettamente controllati, per l’elevato pericolo di incendio.
Per il riscaldamento delle case si usava, fin dal 12° secolo, la stufa in muratura (quelle che poi sarebbero state rivestite di mattonelle di ceramica), ma ci vollero secoli per ricavare all’interno di esse un vano attorno cui circolavano i fumi caldi, da usare come forno; anche questa comunque una invenzione da ricchi e non era possibile raggiungere alte temperature.
Nell’ottocento si diffusero le stufe ghisa con un piano su cui cuocere, ma solo dopo la metà dell’ottocento si diffuse quella che chiamiamo “cucina economica” munita di caldaietta per l’acqua calda e di un forno. Ma nel frattempo la gastronomia si era indirizzata verso la cottura in umido, lasciando gli arrosti a chi si poteva permettere uno spiedo o un forno da pane.
Non si spiega come mai nel modo germanico non fosse conosciuto il forno a campana di rame o di terracotta. diffuso in Gallia dai soldati romani (detto clibanus o testus) e citato da Apicio; esso fino a metà novecento era molto diffuso al sud delle Alpi, dall’Istria alla Sicilia, e nei paesi arabi. Al Nord, nelle città, ha senza dubbio influito l’avversione per i fuochi aperti e il connesso pericolo di incendio, ma i contadini avrebbero potuto tranquillamente usarlo prestandosi egregiamente per cuocere il pane, torte ed arrosti. Si pensi ad esempio quale egregia cucina sia stata creata in Lunigiana usando il testo: la “levata” che è una pagnotta grande quanto il testo, o il testarolo o la pattona di farina di castagne o l’agnello con le patate o le torte di “erbi”.
Sono quelle invenzioni che in un territorio cambiano il modo di cucinare; si consideri che al nord delle Alpi, ove le patate formavamo l’alimento base, il problema del forno ha fatto sì che ancor ora sono quasi sconosciute le patate al forno, così amate in Italia; e in qualche libro di ricette suggeriscono di farle con le patate bollite! In quelle terre per patata al forno si intende una grossa patata cotta intera dentro un forno, spaccata a metà e coperta con una mestolata di cagliata o yogurt.
Si può anche ipotizzare che il diverso uso del forno sia dovuto ad un diverso modo di panificare. Per le torte si sfruttava il calore residuo del forno dopo che era stato tolto il pane; se si cuocevano tipi di pane a lunga conservazione, questa possibilità si riduceva.
Questa lunga premessa per spiegare il motivo per cui non si può fare una ricerca sulle torte salate in Alto Adige. Ho consultato una ventina di testi storici di cucina austriaci e tedeschi e non vi è traccia né di torte né di strudel salati. Pensavo di aver trovato uno strudel di granchi (Krebs Strudel, in Die Bayrische Köchin in Böhmen, München 1863), ma mi sono arreso quando ho visto che era dolce-salato! Nel Kochbuch di Anna Koller (1832) si trova uno Schinken-Strudel, non passato nell’uso comune
In tempi moderni sono comparse ricette di quiche e ho trovato persino una Torte Pasqualina, ma nulla di originale o che possa essere considerato una specialità locale, austriaca o sudtirolese, seppure recente.
Si conclude perciò che nella cucina sudtirolese le torte salate sono una preparazione sconosciuta.
Le torte dolci
In Alto Adige i dolci tradizionali sono di due tipi: o torte secche fra cui quelle affermatesi sono la torta di grano saraceno, la torta di carote, la torta di semi di papavero e, di derivazione austriaca, la Linzertorte, la Sachertorte e lo Strudel di mele; oppure un’ampia scelta di dolci fritti come i vari Krapfen e loro varianti. I dolci con le creme non sono un prodotto vero e proprio da forno perché in esso viene cotta solo la base da tagliare a strati e poi da farcire e ricoprire con imponenti quantità di creme e di panna montata. Sono per lo più creazioni di pasticceri del 900 quando l’arrivo dei frullatori elettrici rese più agevole la creazione di soffici creme.
La preparazione dolce sudtirolese di consolidata tradizione e di origini medievali è il tipico dolce natalizio tirolese Zelten, che è uno dei tanti pandolci in cui il pani viene arricchito con frutta secca, ma che in Sudtirolo, e specialmente a Bolzano, centro commerciale da cui la merce partiva per attraversar Alpi e i cui si trovavano tutte le specialità,si è perfezionato  e arricchito tanto da far sparire il pane!
In molti testi si trova una spiegazione dell'etimologia del nome Zelten  bambinesca e si scrive che esso deriva dalla parola tedesca selten = raro, perché veniva fatto di rado, solo a Natale!! In realtà per chi conosce le lingue germaniche è una comune parola medievale, usata in molte parole composte per indicare vari tipi di dolci e biscotti, sinonimo della parola kuchen (torta), derivante da una antica radice telden che si ritrova anche nell'antico inglese in ovetleden (ricoprire) e collegato con la parola Zelt (la tenda), sempre con il significato di "cosa che racchiude". Un tempo era prodotto con rituali religiosi il 21 dicembre ed è un impasto di frutta secca locale (pere e prugne seccate), fichi secchi, datteri, canditi, mandorle, spezie ed aromi, tenuti assieme da una impasto di farina (un tempo di segale) e lievito e cotto a forma di piccolo pane. Era l’unico lusso che i contadini potevano permettersi almeno una volta all’anno e vi inserivano tutti quei frutti di importazione idonei a dimostrare il loro benessere; anche il quantitativo di pasta veniva spesso ridotto al minimo per dare spazio ai frutti e canditi costosi. Lo Zelten si era diffuso anche in Trentino in una variante con molta pasta, così da assomigliare ad un pandolce con la pasta di pane prevalente. Non riportiamo la ricetta perché alcuni prodotti locali sono di difficile reperimento e perché la lavorazione impone di non operare in piccole dosi.

La torta di grano saraceno
La vera specialità dell’Alto Adige non presente in altre cucine, se non per recente imitazione, è la torta di grano saraceno (Schwarzplententorte).
Il grano saraceno, (leggi libro) in Alto Adige detto Schwarzplenten, e cioè polenta nera, in Germania detto Buchweizen (grano di faggio per la forma triangolare del seme, simile, in piccolo, alla faggiola) oppure Heidenmehl e cioè farina dei pagani, è un seme alimentare diverso dai cereali, arrivato in Italia e Francia dal vicino oriente, al tempo delle Crociate, senza però affermarsi e poi ritornato in Nord Europa attraverso la Russia e la Polonia (ove significativamente lo chiamano grano greco). Dal Nord Europa si è diffuso fino sulle Alpi ove è entrato nelle cucine locali del Tirolo e dei Grigioni, fino nei versanti meridionali (Valtellina, Alto Adige). In Trentino era coltivato, ma in cucina era usato solo per polente. Era un prodotto prezioso perché di rapida coltivazione all’inizio dell’estate, quando il clima aveva danneggiato i raccolti di cereali, adatto ad ogni terreno e ottimo mangime per animali. Solo in Alto Adige è stato usato per creare una deliziosa torta piuttosto asciutta al cui interno viene sistemato uno strato di marmellata di mirtilli rossi (Vaccinium vitis-idaea). In Polonia vi è una “torta di grano greco” (ciasto gryczane), del tutto diversa perché il grano viene bollito e poi mescolato con miele, zucchero di canna, cacao. In Germania e Austria veniva generalmente aggiunta un po’ di cioccolata. Una ricetta smile a quella dell’Alto Adige si ritrova alla fine dell’Ottocento nel libro di Katharina Prato, Die süddeutsche Küche, tradotto anche in italiano, il che dimostra l’antichità di questo dolce.

La ricetta
Ingredienti
250 grammi di farina di grano saraceno macinata fine, 250 grammi di burro, 250 grammi di zucchero, 250 gr di mandorle con la buccia macinate, 2 cucchiai di farina bianca, 5 uova, una bustina di lievito vanigliato (o una di lievito più una di zucchero vanigliato), marmellata di mirtillo rosso.
Preparazione
Lavorare bene il burro morbido con lo zucchero, aggiungendo poi i rossi d'uovo uno alla volta fino ad ottenere una crema. Mescolare assieme le farine e il lievito e aggiungerli poco alla volta alla crema. Montare i bianchi d'uovo e incorporarli delicatamente al resto. Mettere il tutto in una tortiera imburrata e infarinata di circa 26 cm di diametro e cuocere a 180 gradi per almeno 45 minuti. A quel punto provare con uno stuzzicadenti se la torta è asciutta. Lasciar raffreddare, tagliare in due con un coltello affilato e farcire con uno strato di marmellata di mirtilli rossi. Cospargere di zucchero a velo e servire; se piace, con panna montata.
Consigli
La ricetta si trova anche in versione povera senza mandorle o con nocciole. In Austria, al fine di rendere più umido e soffice l’impasto si usa mescolare ad esso una mela o della carota grattugiate. È bene se fra le mandorle ve ne sono una decina di amare oppure si possono aggiungere due gocce di essenza. La marmellata di mirtilli rossi può essere sostituita con una marmellata di frutti di bosco un po’ acidula (di ribes, ad es.).

La torta di carote
Questa torta, attualmente abbastanza diffusa anche nelle pasticcerie, non è molto antica. Il nome compare nelle ricette tedesche ed austriache dell’Ottocento, ma veniva fatta con carote bollite ed era quindi cosa diversa da quella che oggi conosciamo. La prima vera torta di carote è nata in Svizzera nel 1892, nel cantone di Argovia che non a caso è chiamato il paese delle carote. Essa divenne presto uno dei dolci più popolari tra i bambini. Non c'èra festa senza Rüeblitorte. I piccoli l'adoravano per la sua consistenza umida, per il delicato sapore alla nocciola e il profumo di cannella e spezie che fa tanto Babbo Natale e dal 1904 assume la denominazione quasi ufficiale di Torta di Argovia o di carote (Aargauer- o Rüblitorte) nel noto manuale di cucina di Coradi-Stahl Emma, Gritli in der Küche, Zurigo.A quanto mi consta, in Italia è comparsa nel dopoguerra. Fernanda Gosetti nel 1973 la indica come specialità di Pinzolo, ma è probabilmente informazione fornita da qualche turista e il dolce non compare nell’ampio Sussidiario della Cucina Trentina del 2003. In Germania ed Austria spesso la torta di carote contiene cioccolata.
Si può quindi concludere che la torta di carote si è diffusa nel modo partendo dalla Svizzera e che è giunta poi nelle vallate alpine confinanti, come la Val Venosta. Né si può ignorare che molti pasticceri svizzeri in passato sono emigrati in Italia e che molti cuochi dell’Alto Adige, nel dopoguerra hanno fatto il loro tirocinio in alberghi svizzeri.
La torta di carote è arrivata anche in Inghilterra e negli Stati Uniti con i nome di carrot cake: è un dolce alquanto massiccio, con farina, lievito e olio di semi, che poi viene farcita a strati e ricoperta con una glassatura cremosa (frosting) a base di formaggio cremoso spalmabile e panna. È un po’ al di fuori della nostra cultura e dieta.
La torta di carote è una delle poche torte quasi priva di burro e perciò mangiabile senza problemi da tutti. La struttura dell’impasto è data dalla fibra delle carote e quindi la tortasi si presta ad essere fatta anche con dolcificanti.

La ricetta
Ingredienti
Carote 300 gr, mandorle non pelate 300 gr, zucchero 300 gr., farina o fecola 30 gr, rum 50 gr, uova n. 6, un limone.
Preparazione.
Lavare le carote e grattugiarle. Per evitare che la torta rimanga troppo umida è necessario asciugarle fra due teli premendo bene; non strizzarle perché si rovinano. Togliere la polvere alle mandorle e macinarle finemente. Grattugiare la scorza del limone. Preparare una teglia imburrata o non adesiva e riscaldare il forno a 160 gradi.
In una terrina mettere i sei albumi con un pizzico di sale e montarli ben sodi. Alternando i vari prodotti un po’ per volta e con la dovuta cautela e dolcezza aggiungere i rossi d’uovo, le mandorle , lo zucchero, il rum, il limone. Secondo i gusti si può aggiungere una bustina di zucchero vanigliato o un mezzo cucchiaino raso di cannella (circa mezzo grammo al massimo).Se si hanno dubbi che possa non lievitare bene, aggiungere una mezza bustina di lievito per dolci.
Versare il composto nella teglia, livellarlo e infornarlo per 40 minuti. L’impasto deve poter lievitare per la dilazione dell’aria incamerata dagli albumi è deve perciò essere un po’ fluido. Controllare la cottura con uno stuzzicadenti infilato al centro, se non esce asciutto cuocere per altri dieci minuti. Toglierla dalla teglia quando e fredda e spolverarla di zucchero al velo perché la superficie non è molto bella.
Questa è la ricetta per ottenere una torta morbida e soffice, appena umida; se a qualcuno piacesse umida, basta lasciar più acqua nelle carote oppure aggiungere all’impasto una mela grattugiata oppure uno o due cucchiai di sugo di limone; sono sapori che non guastano.

La Torta di Linz
La Linzertorte, cosiddetta dalla città austriaca che l’ha resa famosa, non è propriamente un dolce tirolese o dell’Alto Adige, ma è talmente diffusa in tutto il modo germanico che non si può fare a meno di parlarne se si vuol comprendere come qui si è evoluta la crostata italiana, diventando una vera specialità. La crostata, quella con la griglia di pasta frolla sulla marmellata, non è molto nota in altri paesi; in Francia e Germania viene chiamata con il nome generico di tarte e non ha una denominazione specifica; il termine crostata si ritrova a Siena già nel 1291 ma era tutt’altra cosa. E la crostata non va confusa con quelle preparazioni in cui la marmellata viene stesa sulla pasta già cotta.
La Linzertorte è importante perché è forse la prima torta dolce di cui sia stata tramandata la ricetta: in un manoscritto di un libro di cucina in tedesco del 1653, conservato in Austria e scritto dalla contessa Anna Margarita Paradiso in Sagramoso da Verona (dove ancora esiste l’antico castello) che ne presenta ben quattro versioni.
La caratteristica di questa torta è di incorporare nella pasta frolla farina di mandorle o di nocciole. Per quanto possa apparire strano il dolce antico era fatto con mandole, nonostante il maggior costo e la minor reperibilità rispetto alle nocciole e solo nell’ottocento si è passati ad usare le nocciole tostate creando la “pasta frolla alla nocella”o noisette solo all’inizio del novecento.In Germania talvolta le mandorle vengono sostituite con marzapane.

La ricetta
Ingredienti
Burro 200 gr, farina tipo 0 320 gr, zucchero a velo 200 gr, nocciole tostate macinate fini 200 gr, mandorle sbucciate e macinate 100 gr, 3 uova, un limone, una bustina di zucchero vanigliato, mezzo cucchiaino raso di cannella, una presa di chiodi di garofano in polvere e una di noce moscata, una bustina di lievito, 350 gr di marmellata di ribes o mirtilli rossi.
Preparazione
Montare bene il burro morbido con lo zucchero, mescolare la farina con il lievito e incorporarla alla crema, aggiungere nocciole, mandorle e spezie; grattugiare la buccia del limone e mescolarlo all’impasto assieme ad un po’ di succo del limone (a Linz si usava un bicchierino di distillato di ciliege). Incorporare due uova. Fasciare l’impasto e lasciarlo riposare in frigo per almeno un’ora. Quando la si toglie dal frigo, prenderne tre quarti, stenderla per fare un disco che avrà lo spessore di circa 1,5 cm del diametro della teglia (26 cm) e premerlo entro la teglia creando un leggero bordo.
Rendere fluida la marmellata con un po’ di rum e stenderla sull’impasto.
Con i resto della pasta fare dei rotolini del diametro di una matita e fare una griglia sopra la marmellata: conviene formarli su di un tagliere e poi farli rotolare al posto giusto. Con alcuni fare un sottile nastro da stendere tutt’attorno. Battere un uovo e spennellare il bordo e la griglia senza toccare la marmellata.
Mettere nel forno caldo a 200° per 5 minuti; poi proseguire la cottura a 170° per circa 40 minuti.
Consigli
Nelle ricette varia molto il quantitativo di cannella, da meno di mezzo cucchiaino a un cucchiaino; meglio attenersi alla dose minima perché la cannella tende a sovrastare ogni altro sapore.
La griglia è un po’ più fitta di quanto usi in Italia; serve per proteggere la marmellata affinché non secchi e si screpoli.
Verso fine cottura controllare spesso che non prenda troppo colore.
La torta va messa al fresco e mangiata dopo almeno tre giorni. Si conserva per tre mesi.

È facile notare come le tre torte proposte siano di fattura molto simile, anche se ognuna ha una spiccata personalità che l’ha resa famosa. Ma al di fuori di queste tre, della torta di semi di papavero e dello Strudel, non vi è altra torta che non sia un comune abbinamento di pasta e frutta, come si fa un po’ dappertutto, e non degne di particolare menzione.

 


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